Il progressivo invecchiamento della popolazione nei Paesi occidentali è
un processo inevitabile, con evidenti ripercussioni sulla società. Se da un lato, infatti, l’aumento dell’età media rappresenta certamente un aspetto positivo, in quanto è connesso ai progressi della medicina e alle migliori condizioni di vita, dall’altro sono necessari interventi di politica sanitaria e iniziative qualificate e professionali per garantire assistenza, benessere e cure adeguate agli anziani.
Per questo l’assistenza domiciliare è un settore in forte espansione nel quale imprenditori e professionisti hanno individuato importanti occasioni lavorative. Un sostegno peraltro molto apprezzato, secondo quanto emerso dal report Censis-Assindatcolf (l’Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico) “Le famiglie, il lavoro domestico, i caregiver, le Rsa”, pubblicato a luglio 2022, in base al quale 6 famiglie su 10 preferiscono l’assistenza in casa di un parente anziano o non autosufficiente, rispetto al ricovero in una RSA.
In questo articolo illustreremo i dati dell’indagine e capiremo perché investire in un’attività di assistenza domiciliare può essere un’ottima opportunità per avviare un percorso professionale qualificato e gratificante.
Invecchiamento in Italia: aumentano gli over 65, gli anziani fragili e le famiglie unipersonali che potrebbero avere bisogno di assistenza
Prima di entrare nel dettaglio del report Censis-Assindatcolf, è bene soffermarsi sui numeri ufficiali Istat che certificano l’aumento della popolazione over 65 e una prevedibile crescita delle famiglie unipersonali che, nei prossimi anni, potrebbero avere la necessità di un supporto a domicilio.
Secondo il rapporto annuale Istat 2022, gli anziani in Italia sono 14 milioni e 46mila – 3 milioni in più rispetto a vent’anni fa – e costituiscono il 23,8% della popolazione totale. Di questi, oltre 4,5 milioni hanno almeno 80 anni e 20 mila almeno cento. Una percentuale, secondo le stime, destinata a salire fino al 34% nel 2042, quando si prevede che gli anziani saranno quasi 19 milioni, con circa 2 milioni in più di ottantenni e ultraottantenni, e i centenari e gli ultracentenari triplicati.
In questo quadro socio-demografico l’invecchiamento della popolazione è uno dei fattori che determina l’aumento delle persone che vivono da sole, insieme al calo della natalità e all’instabilità coniugale. Sempre secondo i dati Istat riferiti al 2021, infatti, le famiglie unipersonali sono il 33,2% del totale, ovvero quasi 8,5 milioni; di queste, la metà è composta da persone con più di 65 anni. Fra vent’anni, tuttavia, gli anziani soli saranno ancora di più: per la precisione, secondo il report dell’Istituto nazionale di statistica sulle previsioni demografiche, nel 2041 saranno 6,1 milioni, pari al 60% del totale delle famiglie composte da un solo individuo.
Secondo questi numeri, è probabile che in futuro si registri una crescita del fabbisogno di assistenza domiciliare. Le famiglie monocomponenti, infatti, hanno una ricaduta sociale importante: è soprattutto in età avanzata che aumentano le persone non autosufficienti costrette a vivere da sole, a causa della mancanza del coniuge e la lontananza dei figli. Uno scenario che rende necessaria l’assistenza, spesso anche a causa della presenza di patologie correlate alla terza età, ad esempio la demenza, o delle precarie condizioni di salute che potrebbero accompagnare un anziano.
I risultati dell'indagine Censis-Assindatcolf: le famiglie preferiscono l’assistenza domiciliare al ricovero in una RSA
Come anticipato, il report “Le famiglie, il lavoro domestico, i caregiver, le Rsa”, realizzato da Censis per Assindatcolf – quarto studio elaborato nell’ambito del progetto “Welfare familiare e valore sociale del lavoro domestico in Italia” – ha rivelato l’opinione delle famiglie rispetto all’assistenza domiciliare.
Secondo il report, che ha coinvolto un campione rappresentativo degli associati ad Assindatcolf, il 60% di esse preferisce per i propri cari anziani o non autosufficienti l’assistenza in casa rispetto al ricovero in una RSA, un dato che sollecita alcune riflessioni riguardanti l’assistenza domiciliare e, di riflesso, i ruoli della badante e del caregiver.
Entrando nel dettaglio del documento vediamo che:
- il 58,5% delle famiglie preferisce l’assunzione di una badante al ricovero in una RSA;
- del 41,5% che sceglierebbe una RSA, il 21,3% si rivolgerebbe a una struttura convenzionata, il 14,2% a una privata e il 6% a una pubblica;
- le donne vorrebbero evitare il ricovero più degli uomini: sono infatti il 60,1% rispetto al 56,1%.
Sono soprattutto le persone più anziane ad avere più remore nei confronti delle RSA: il 50,8% di chi ha meno di 55 anni scarta questa soluzione, percentuale che sale al 52,9% di chi ha un’età compresa tra i 55 e i 64 anni, e al 69,5% degli over 64. In altre parole, in caso di bisogno, gli anziani sembrano preferire l’assistenza domiciliare al ricovero presso una struttura.
Secondo il report, i motivi che portano le famiglie a questa decisione sono riconducibili soprattutto alla qualità delle relazioni: gli intervistati sono consapevoli, infatti, delle difficoltà nel riproporre fuori casa le stesse attenzioni rivolte al familiare anziano o non autosufficiente (59%) e che il distacco dalla propria abitazione potrebbe avere ripercussioni negative sull’assistito (20%).
Al contrario, chi opta per il ricovero riconosce alle RSA la professionalità del personale impiegato (63%), la qualità dell’ambiente e la dotazione di strumenti che assicurano agli ospiti un certo grado di autonomia (15%), e la vicinanza della struttura rispetto all’abitazione dei familiari (9%), fattore quest’ultimo che garantirebbe la possibilità di visitare il proprio caro con maggiore frequenza.
I caregiver familiari: essenziali, ma spesso invisibili
L’assistenza ai propri familiari non più autosufficienti è uno degli aspetti più delicati e complessi che si celano dietro la cura di una persona cara all’interno di una famiglia. Al carico emotivo, fisico e psicologico infatti, si aggiunge spesso la rinuncia – parziale o totale – al lavoro e agli altri spazi individuali. Un fenomeno che in Italia riguarda milioni di persone, chiamate caregiver familiari, ossia coloro che si prendono cura di un parente malato, disabile o anziano.
A questo proposito, secondo i dati raccolti dall’indagine, il 53,4% delle famiglie ritiene prioritario supportare il caregiver attraverso una figura esterna alla famiglia. Una persona, in altre parole, che possa alleggerire il carico assistenziale e contenere lo stress di chi assiste un familiare non autosufficiente.
Inoltre, fra le altre misure a sostegno del caregiver familiare vengono menzionati:
- il riconoscimento di forme di reddito (25,5%);
- la facoltà per il caregiver di lavorare da casa (9%);
- l’assicurazione contro gli infortuni domestici, e i contributi figurativi ai fini di una pensione (6,7%)
- l’istituzione di percorsi formativi per migliorare l’assistenza fornita dal familiare (5,4%).
Assistenza domiciliare: un settore interessante su cui investire
Alla luce dei numeri forniti da Istat e di quanto emerso dall’indagine Censis-Assindatcolf, l’assistenza domiciliare si rivela un settore interessante su cui investire per avviare un percorso professionale gratificante in un ambito in forte espansione.
Per aprire un’attività di questo tipo, considerata l’importanza sociale del settore in cui si andrà a operare, è molto utile affidarsi a una struttura già consolidata come PrivatAssistenza, network impegnato nell’assistenza domiciliare da quasi 30 anni e con una presenza capillare sul territorio, con oltre 200 centri in tutta Italia.
Come abbiamo visto nell’approfondimento dedicato ai consigli per avviare un’attività nell’assistenza a domicilio, infatti, gli aspetti preliminari da considerare sono numerosi: dalla scelta della sede più adeguata alla selezione e gestione dei collaboratori, dall’individuazione dei servizi socio sanitari da erogare – badante, fisioterapista, infermiere, OSS, per citarne alcuni – fino alla valutazione dell’investimento iniziale richiesto e alla conoscenza dell’iter burocratico necessario.
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