Perdita di familiari e lutti, irrigidimento degli schemi cognitivi, inattività da pensionamento e acciacchi fisici: tutte possibili cause dello sviluppo di demenze nell’anziano; senza dimenticare, però, un fattore importante: la depressione. Nel caso della terza età, dietro a questa psicopatologia spesso molto grave possono infatti nascondersi due significati, due diverse origini spesso difficili da distinguere. In un caso, la depressione nell’anziano sarebbe una patologia a sé. Nell’altro, il o uno dei fattori scatenanti proprio di Alzheimer e affini.
UN SEGNALE DA SAPER COGLIERE
Se già era noto il ruolo importante della demenza nello svilupparsi della malattia, mancava la dimostrazione di un assunto medico di grande rilievo: che si tratti, nella maggior parte dei casi, di uno dei primi sintomi dello sviluppo della malattia.
Da fattore di rischio, dunque, a segnale anticipatore molto preoccupante.
Da causa, a sintomo.
Lo dimostrerebbe uno studio australiano, da approfondire, della University of Western Australia, guidato dal Prof. Osvaldo Almeida.
CHI VIENE PRIMA: DEPRESSIONE O DEMENZA?
Il quesito d’indagine è partito da una semplice constatazione: pur assumendo antidepressivi, i pazienti non vedevano una diminuzione nell’incidenza delle patologie cognitive. Nel corso di 9 anni, a Perth (AUS), sono stati intervistati oltre 12mila uomini sull’insorgenza di episodi depressivi, con un profilo demografico tra i 65 e gli 84 anni. Il team di ricercatori avrebbe scoperto, sulla base dei dati raccolti che, se in giovane o mezza età la depressione avrebbe un ruolo nell’insorgenza in età avanzata della demenza, nel momento in cui l’insorgenza avesse luogo già in terza età, occorrerebbe pensare alla depressione come un sintomo, una manifestazione di un processo neurodegenerativo già in atto.
La conseguenza? Molto importante: sapere se è “nato prima l’uovo o la gallina” fa una grande differenza in ambito terapeutico.
DIFFICILI DA DISTINGUERE
Secondo il docente di Neurologia dell’Università di Genova Massimo Tabaton, specialista in patologie neurodegenerative, si potrebbero manifestare disturbi dell’umore due o tre anni prima della comparsa di sintomi legati alla perdita di memoria, come riportato nella ricerca pubblicata su Translational Psychiatry.
Il declino cognitivo della terza età ha forti implicazioni proprio sul lobo frontale, area del cervello preposta alla spinta progettuale e al prendere iniziative: un suo disturbo comporta, di conseguenza, l’insorgere di episodi depressivi.
Ma come distinguere la depressione “classica” da quella sintomatica di una demenza incipiente?
Secondo Tabaton non è semplice, soprattutto nei casi di depressione grave, dove non è raro imbattersi in disturbi della memoria. La somiglianza è tale che, un tempo, questo fenomeno era battezzato “pseudo demenza”. Inoltre, gli anti depressivi sono efficaci in entrambe le tipologie, senza distinzioni.
In sostanza, per il medico chiamato a esaminare pazienti in queste condizioni potrebbe essere un lavoro non facile. In più, se nella terza età la depressione da declino cognitivo potrebbe essere di più facile identificazione, in particolar modo se non sono stati registrati episodi negli anni precedenti, nei casi di demenza precoce il rischio di confondere una patologia per l’altra è alto.