E’ ufficiale: è stato posato il primo importante mattone nella lotta ad Alzheimer, Parkinson e Huntington, malattie neurodegenerative con effetti invalidanti e irreversibili a carico delle funzioni del cervello. Malattie molto diverse ma accomunate da un sottile filo rosso.
L’Alzheimer colpisce la memoria, si manifesta in età senile e determina nel paziente disfunzioni a livello comportamentale. Tra i sintomi principali abbiamo la perdita della memoria, difficoltà nel portare a termine impegni quotidiani, perdita di cognizione del tempo, difficoltà di lettura e di percezione completa di colori e immagini, difficoltà nel proseguire una conversazione, estraniazione sociale e sbalzi d’umore. Il Morbo di Parkinson, come l’Alzheimer, si manifesta dopo i 60 anni e si caratterizza per la difficoltà legata alle funzioni motorie (ad esempio tremore agli arti anche in condizioni di riposo e lentezza nei movimenti). Anche il Morbo di Huntington come il Morbo di Parkinson determina disturbi legati al movimento ed è di carattere ereditario, provocando dei movimenti involontari dei muscoli e degli arti.
Da uno studio condotto dai ricercatori della Loyola University di Chicago è emerso che, nonostante queste tre malattie abbiano degli effetti diversi, potrebbero essere combattute con terapie similari. È stato analizzato il comportamento anomalo delle proteine in pazienti distinti affetti da una delle malattie. Nello specifico si è studiato per l’Alzheimer la tau, per il Parkinson l’alfa-sinucleina e per il morbo di Huntington l’huntingtin. Nonostante si tratti di proteine differenti il loro “modus operandi”, nel momento in cui entrano nel cervello, è lo stesso: invadono le vescicole, ovvero tanti comparti racchiusi in membrane, provocano la rottura di tali membrane ed entrano in contratto con il citoplasma, portando alla creazione di disfunzioni celebrali con effetti devastanti, e tristemente noti, sulla vita del paziente. Di conseguenza, se si riuscisse a capire come modificare il comportamento anomalo delle proteine, individuando una strategia idonea, sarebbe possibile sviluppare terapie similari per tutte e tre le sindromi. Un grande passo avanti sia per limitare i danni alle funzioni vitali del paziente, sia per la medicina in generale.
I pazienti malati di queste patologie hanno bisogno di essere costantemente seguiti da qualcuno tanto nelle prime fasi quanto negli stadi più avanzati. Molto spesso l’aiuto dei soli famigliari non basta e per questa ragione occorre appoggiarsi a qualcun altro. I servizi di assistenza domiciliare ai malati di Parkinson e di Alzheimer forniti da Privatassistenza rappresentano un valido supporto non solo per il paziente ma anche per la sua famiglia. Per ricevere ulteriori informazioni su queste tipologie di servizi basterà contattare il Centro Privatassistenza più vicino.