Ci sono ottantenni con una memoria di ferro, paragonabile a quella di persone di 20-30 anni più giovani. Gli scienziati, dopo aver condotto diverse ricerche in materia, li hanno definiti “SuperAgers”: il merito sarebbe da ricercare in alcuni neuroni più grandi che avrebbero un ruolo cruciale per il funzionamento della memoria, conclusione a cui è giunto un recente studio della Northwestern University di Chicago, pubblicato su The Journal of Neuroscience.
Questi risultati potrebbero aiutare la scienza ad affrontare alcune malattie degenerative come l’Alzheimer e, più in generale, il decadimento cognitivo, soprattutto nella misura in cui i ricercatori dovessero dimostrare che lo stile di vita può effettivamente rallentare, insieme al patrimonio scritto nel DNA, l’invecchiamento del cervello.
Vediamo in questo articolo chi sono i SuperAgers, che cosa hanno in comune fra loro e alcuni dettagli emersi dalle ricerche americane.
L’identikit dei SuperAgers
I SuperAgers, come abbiamo anticipato, sono persone di 80 anni e più dotate di ottima memoria, con una funzione cognitiva paragonabile a quella di un individuo di mezza età. Questo sarebbe dovuto a un gruppo di neuroni più sani e più grandi presenti in una precisa area del cervello determinante per il funzionamento della memoria.
Le prime ricerche che hanno permesso di individuare questo gruppo di anziani sono state condotte alla Northwestern University, uno degli atenei più prestigiosi degli Stati Uniti, grazie a un programma di studi approvato fra il 2010 e il 2015.
I partecipanti, reclutati all’interno della comunità, erano adulti di 80 anni o più, con le funzioni cognitive intatte. I candidati, tutti volontari e precedentemente informati sulle finalità della ricerca, hanno dovuto effettuare diversi test approfonditi e dimostrare, in questo modo, di avere una memoria pressoché perfetta, almeno equivalente a quella di una persona di 50/60 anni senza patologie cognitive. Chi ha superato i test è stato definito dai ricercatori “SuperAger”.
A quel punto, gli studiosi hanno cominciato a confrontare la corteccia cerebrale e i tassi di variazione del volume corticale nell’arco di 18 mesi nei SuperAgers rispetto agli altri anziani, privi di patologie. I risultati hanno rivelato che la corteccia cerebrale dei primi è significativamente più spessa rispetto ai loro coetanei, un dato insolito perché l’atrofia è considerata normale e associata al declino anche nei soggetti sani. La ricerca americana si aggiorna ogni anno con i risultati dei nuovi test, delle scansioni e degli esami al cervello, solitamente donato al programma di studio dai SuperAgers dopo la morte.
I Super Agers potrebbero essere più protetti da Alzheimer e demenze
La nuova rilevazione della Northwestern University di Chicago, a cui abbiamo fatto riferimento, ha confermato i dati degli studi precedenti condotti dalla stessa università, evidenziando che i SuperAgers perdono volume cerebrale più lentamente rispetto ai loro coetanei. Per questo potrebbero essere più protetti dal morbo di Alzheimer e dalle altre forme di demenza che colpiscono gli anziani.
È stato dimostrato, attraverso la risonanza magnetica, che all’interno del gruppo degli over 80 la corteccia rimane più spessa e diminuisce più lentamente rispetto agli altri anziani. Normalmente, infatti, a partire dai 50-60 anni gli adulti perdono il 2,24% del volume cerebrale all’anno, mentre i SuperAgers solo l’1,06%.
L’ultima ricerca ha inoltre rilevato che nel cervello dei SuperAgers è presente un numero significativamente inferiore di grovigli neurofibrillari, una delle principali alterazioni riscontrabili durante l’invecchiamento e nell’Alzheimer. Gli studiosi ipotizzano che questi neuroni più grandi e “resistenti” alla formazione dei grovigli fossero presenti fin dalla nascita in queste persone e che si siano mantenuti tali per tutta la vita.
Questa scoperta integra un altro studio secondo cui il cervello dei SuperAgers ha molti più neuroni von Economo, un tipo di cellula cerebrale che potrebbe dare vantaggi intuitivi e una comunicazione più rapida fra ragionamento ed emozioni, altro fattore chiave per avere buona memoria.
Lo stile di vita dei SuperAgers: movimento, attività ricreative e relazioni
Se in questo ambito, come abbiamo visto, il DNA sembra rivestire un ruolo determinante per ritardare l’invecchiamento cerebrale, per i ricercatori, tuttavia, sono importanti anche lo stile di vita e la volontà degli anziani di continuare a essere attivi a livello sociale, intellettuale e fisico.
All’interno del gruppo di SuperAgers coinvolti nel programma di studio, infatti, sono state individuate alcune buone abitudini comuni, ad esempio:
- uno stile di vita attivo, con esercizio fisico e movimento praticati con regolarità;
- lo svolgimento costante di attività mentali e ricreative per stimolare il cervello;
- la presenza di forti relazioni sociali con amici e familiari;
- il consumo moderato di alcol.
Quasi tutti i SuperAgers che hanno aderito al programma della Northwestern University di Chicago, infatti, non solo hanno superato brillantemente un test di memoria a breve e lungo termine, ma hanno dimostrato di avere relazioni sociali frequenti, svolgono attività, leggono libri e riviste. In altre parole, “sfidano” il proprio cervello ogni giorno, leggendo o imparando costantemente qualcosa di nuovo.
Ad esempio, ci sono SuperAgers monitorati dai ricercatori che vanno regolarmente in palestra, fanno volontariato, partecipano alle feste con amici e parenti, leggono molto, svolgono cruciverba tutti i giorni e, ovviamente, hanno una memoria di ferro.
L’importanza per gli anziani di restare attivi
Se sui SuperAgers e sui motivi che proteggono le loro cellule cerebrali dall’invecchiamento ci sono ancora cose da scoprire, è ormai chiaro che adottare sane abitudini quotidiane e uno stile di vita attivo, in base alle proprie possibilità e condizioni fisiche, sia fondamentale per invecchiare in salute e favorire il benessere fisico e mentale. Sana alimentazione, idratazione, movimento, rapporti sociali sono tutti elementi che possono aiutare a vivere meglio questa fase, migliorare la qualità della propria vita e contrastare il rischio della solitudine nella terza età.
In certi casi, se l’anziano è solo o i familiari non hanno la possibilità di seguirlo nella quotidianità, aiutandolo a seguire un regime nutrizionale corretto o stimolandolo attraverso attività ricreative o attività sportive idonee, può essere utile affidarsi a un servizio di assistenza domiciliare, preziosa opportunità per aiutare il proprio caro a mantenersi mentalmente e fisicamente attivo, garantirne il benessere e contrastare il decadimento cognitivo legato al processo di invecchiamento.
Un aiuto concreto da questo punto di vista può arrivare da PrivatAssistenza, la prima rete nazionale di assistenza a domicilio, con oltre 200 centri distribuiti su tutto il territorio italiano e la possibilità di raggiungere più di 2000 comuni nel Paese.
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