Il Parkinson: sintomi, malattia e ricerca
In occasione della Giornata Nazionale del Parkinson, rivediamo insieme quali sono i sintomi indicatori dell’insorgere della malattia, le azioni intraprese dal sistema sanitario per il sostegno ai malati e le prospettive nella ricerca di terapie e cure.
I numeri della malattia
Trecentomila: questo è il numero di italiani, circa la metà dei quali ancora in età lavorativa, colpiti dal Morbo di Parkinson, un triste primato per la malattia neurodegenarativa più diffusa nel nostro Paese dopo l'Alzheimer.
L’età in cui si registra il picco di insorgenza è quella che va dai 59 ai 62 anni e, come sappiamo, ad oggi non esiste una cura, né tantomeno esistono comportamenti e abitudini in grado di prevenirne l’insorgenza.
Quattro, il numero di sintomi cardinali che annunciano la comparsa della patologia:
- 1. Tremore
- 2. Instabilità posturale
- 3. Rigidità
- 4. Bradicinesia, ovvero la difficoltà di iniziare un movimento
La malattia
Il Parkinson si manifesta a causa della progressiva perdita di cellule nervose che producono dopamina, dell’accumulo di inclusioni nel citoplasma e della presenza di mitocondri anomali. Per loro natura infatti i mitocondri possono generare specie reattive all’ossigeno e altamente tossiche, oltre al malfunzionamento della mitofagia, ovvero l’eliminazione selettiva dal nostro corpo dei mitocondri danneggiati, considerata correlata all’insorgere della malattia. I mitocondri disfunzionali dovrebbero infatti essere eliminati per evitare l’insorgere di tossicità cellulare.
Famiglia e caregiver
Tra 2001 e 2014 in Gran Bretagna il numero di decessi legati al Parkinson è aumentato in modo considerevole. Paradossalmente questo è un dato che ha un risvolto positivo: testimonia infatti un aumento della longevità, che rende più probabile un decesso imputabile alla malattia stessa. Ancora più significativo è il fatto che circa l’80% di questi decessi sia avvenuto in case di cura e ospedali, ovvero lontano dalle abitazioni in cui molti dei pazienti avrebbero il desiderio di trascorrere gli ultimi giorni di vita. Come agire dunque? Una possibilità è stata individuata nella creazione di una rete di professionisti in grado di prendersi cura in maniera specifica del malato, nella propria abitazione, coadiuvati dalla famiglia del paziente stesso.
Sempre più il caregiver, colui che supporta anche emotivamente il malato, è al centro del percorso di cura. In moltissime città italiane queste figure sono formate da nutrizionisti, logopedisti, fisioterapisti, neurologi e neuropsicologi per garantire al parente parkinsoniano la migliore assistenza possibile all’interno delle mura domestiche.
Il malato di Parkinson necessita infatti sostegno per diverse attività motorie casalinghe, per deglutire, ma anche per gestire emotivamente lo stress, l’isolamento sociale, il burnout.
La ricerca nel segno di una diagnosi precoce
Le strade della ricerca sono infinite. Lo dimostrano i diversi approcci con cui gli studiosi dell’University College di Londra e quelli italiani hanno affrontato la sfida.
Nel primo caso, grazie ai test effettuati sulla retina di un ratto, sono stati studiati i segni di neurodegenerazione della malattia prima che questa si manifesti clinicamente.
Nel secondo caso invece sono state prese in esame le variazioni di alfa-sinucleina, monomerica e aggregata, nella saliva. Nei malati di Parkinson si riscontra infatti un aumento della forma aggregata. Poter misurare le variazioni di alfa-sinucleina direttamente nella saliva potrebbe risparmiare ai pazienti il prelievo di liquor cefalorachidiano, procedura sgradevole e non priva di rischi.
La strada per la cura del Morbo di Parkison sembra essere ancora lunga e non priva di ostacoli, ma certamente la collaborazione continua e integrata tra medici, ricercatori e caregiver ha permesso un costante miglioramento delle condizioni di vita, fisiche e psicologiche, dei malati.