10 consigli per il caregiver familiare
Avere a che fare con la malattia di una persona cara non è affatto semplice.
Ancor meno semplice è assumersi la responsabilità del malato nei panni di caregiver, anche se solo per alcune ore della settimana.
Infatti, quando si diagnostica una patologia degenerativa, cronica, invalidante o il più comune declino cognitivo, viene “colpito” non solo il malato, ma anche familiari e conoscenti a 360°.
Quello dell’assistente familiare è un compito delicato e può rivelarsi davvero stressante. Per questo occorre prendersi cura anche di sé, cercando di mantenere del tempo da dedicarsi nel corso della giornata. È fondamentale, inoltre, ascoltare le proprie emozioni e sensazioni, in modo da saper cogliere eventuali campanelli d’allarme, come sensi di colpa, demoralizzazione, nervosismo, irritabilità e rabbia.
Come affrontare al meglio la situazione, evitando così di incorrere in situazioni problematiche dal punto di vista emotivo?
Ecco 10 consigli utili per ogni caregiver:
- Prendere la giusta distanza dalle paure e dal dolore, ricordandosi che si ricopre questo ruolo per dare sostegno alla persona malata e non per sostituirla.
- Improvvisarsi medici o psicologici è un grave errore. È sempre necessario rivolgersi a specialisti per evitare di trascurare situazioni problematiche o intervenire impropriamente, rischiando di aggravare la situazione.
- Ascoltare le ragioni della persona cara, mettendo da parte le proprie in sua presenza. Occorre cercare di prestarsi a silenzi e rispettare i cambiamenti di umore. Mantenere il controllo tra gli alti e i bassi caratteriali è fondamentale per essere un buon assistente.
- La presenza “pratica” è indispensabile e richiede una partecipazione ben percepibile dal malato. Può declinarsi in diverso modo, tra accompagnamento alle visite, aiuto nelle faccende domestiche, disbrigo commissioni. Inoltre è importante anche la presenza in occasioni di svago, come passare del tempo insieme a conversare o recarsi insieme al cinema, fare una camminata o una gita, compatibilmente con le possibilità fisiche. È proprio in questi termini che la presenza del caregiver rassicura chi sta cercando una propria normalità, soprattutto per coloro che si ritrovano assistiti da un giorno all’altro.
- Bisogna lasciare al malato il giusto tempo per comprendere, digerire e accettare la diagnosi. Inoltre la terapia dev’essere metabolizzata e resa un’abitudine. Occorre sempre ricordarsi che la malattia segue un iter diverso dal nostro, che non per forza vede coincidere tempo fisico, mentale ed emotivo.
- Non prenderla sul personale se il malato non intende discutere con il caregiver o accettare le sue cure. È normale che possa preferire qualcuno di meno intimo per vergogna, paura di affrontarlo o ferirlo.
- Da prestare molta attenzione a determinate parole. Banalizzare la situazione o mostrare pena, tendando di confortare l’assistito con espressioni quali “C’è chi sta peggio”, “Eh, ti capisco. Porta pazienza” o “Poverino”, può urtarne la sensibilità o, al contrario, inasprire il senso di auto-commiserazione.
- Occorre credere per primi nel percorso di cura e nel processo di guarigione. È di fondamentale importanza mostrarsi sinceramente ottimisti.
- Bisogna cercare di ricordarsi della “bellezza” che c’è nella persona di cui ci si prende cura, nonostante i cambiamenti sia caratteriali sia fisici. È molto importante concentrarsi sulle caratteristiche che ci piacciono di lei e, soprattutto, quelle che ci uniscono.
- Saper ammettere quando non si riesce più ad andare avanti con i propri mezzi, ma soprattutto cercare di capire il perché: senso di colpa, autocommiserazione o dovere?
Caregiver, dunque, non si nasce. Lo si diventa nel tempo, anche commettendo errori. In ogni caso, è importante ricordarsi di essere umani e che occorre capire sé stessi e il malato.
Le buone intenzioni, molto spesso, non sono sufficienti perché, di fronte a patologie gravi, alcuni pregiudizi, preconcetti e condizionamenti inconsci possono bloccarci dall’affrontare lucidamente la situazione.
È dunque importante prendere in considerazione un supporto esterno. Saper chiedere aiuto è una grande dimostrazione d’amore e consapevolezza verso sé stessi e chi si ha vicino.