In Italia, oltre il 30% degli anziani fa uso di decine di medicinali al giorno, una situazione che si sta facendo pian piano insostenibile, soprattutto se si considerano le interazioni che possono avvenire tra farmaci diversi e i rischi per la salute connessi.La soluzione potrebbe essere quella di prescrivere di meno e meglio, per esempio limitando l’utilizzo di una medicina che potrebbe causare delle problematiche se assunta in concomitanza con altre terapie o se, dopo molto tempo di utilizzo, perde la sua efficacia.
Tuttavia, per molte realtà risulta ancora difficile abbandonare l’idea del farmaco e, prima di riuscire a diminuire l’uso (o abuso) di medicine, deve partire un vero e proprio cambiamento culturale tra i medici ed i pazienti.
I dati di tutti i giorni
In media un paziente anziano assume almeno tre dosi giornaliere di medicine per una spesa pro capite di oltre 600 euro all’anno e, con l’aumentare dell’età, il consumo di questi aumenta progressivamente. Tra i farmaci più prescritti rientrano sicuramente gli antipertensivi, seguiti da gastroprotettori e antibiotici.
L’ampio utilizzo di farmaci è visibile anche nei pazienti più tutelati, ad esempio all’interno delle Rsa, in cui farmaci cardiovascolari e psicotropi sono i più diffusi. In questo caso, le ricerche sull’utilizzo dei farmaci hanno mostrato indirettamente la qualità dei servizi assistenziali, che tendono a fare largo uso di farmaci lassativi e disinfettanti per la cute.
In questi casi forse la soluzione migliore non sarebbe tanto quella di prescrivere i farmaci come unica soluzione del problema, ma piuttosto investire in un servizio assistenziale migliore, fatto da caregiver qualificati e più incentrato su attività in grado di migliorare la vita degli assistititi senza fare ricorso a sostanze esterne.
Le radici del problema: politerapia e prescrizioni eccessive
Poco meno di un terzo degli over 65 assumono 10 o più sostanze diverse contemporaneamente. In questi casi si parla di politerapia, una situazione sempre più diffusa con dei risvolti potenzialmente problematici. Infatti, l’assunzione di farmaci di natura diversa può provocare interazioni indesiderate che possono arrivare a modificare l’effetto del farmaco e, di conseguenza, rendere meno efficace la terapia.
Anche la recente pandemia ha contribuito a modificare la situazione farmacologica in Italia. Da un lato l’utilizzo di certe categorie di farmaci è sceso di molto, in parte per colpa delle difficoltà di accesso a visite o controlli durante il lockdown e in parte per la maggiore attenzione igienica e il distanziamento sociale, che hanno limitato la diffusione di altre malattie infettive respiratorie.
Allo stesso tempo però, è aumentato il consumo di farmaci anticoagulanti, probabilmente impiegati per contrastare gli eventi tromboembolici legati al covid.
Ad eccezione di casi particolari, il consumo di farmaci sta raggiungendo dei livelli eccessivi. La situazione rischia di diventare insostenibile e i danni non riguardano solo la sfera economica, con diverse centinaia di euro spesi da ogni individuo, ma anche la salute rischia di compromettersi.
In questo senso la medicina deve diventare ancora più attenta ai pazienti e alla loro situazione clinica, fornendo terapie personalizzate e ben calibrate l’una con l’altra.
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