Un italiano su cinque ha più di 65 anni e sono circa due milioni e mezzo gli anziani non autosufficienti, ma nel nostro Paese vengono erogate, in media, appena 22 ore di assistenza socio-sanitaria domiciliare per ciascuna persona in un anno, contro le 28 ore a settimana in Germania. Carenze cui spesso suppliscono le famiglie. A fare il punto sullo sviluppo dell’assistenza domiciliare, utile anche a umanizzare le cure e arginare la solitudine dei malati e delle loro famiglie, è il convegno «Misericordia a domicilio. Le cure domiciliari, paradigma di una “carità in uscita” e di un modello innovativo di welfare», organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, dal Centro per la pastorale familiare del Vicariato di Roma e dalla Caritas.
Differenze che pesano
«Il nostro sistema sanitario è uno dei pochissimi al mondo a garantire ancora una copertura universalistica, anche se sempre più frammentata - dice Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità -. Rispetto ai servizi di assistenza domiciliare, il rapporto tra Nord e Sud è di dieci a uno, dato immutato negli ultimi 15 anni. Se non ci fossero le strutture caritative e di volontariato, in molti casi le persone non autosufficienti sarebbero praticamente abbandonate a se stesse. E poi - fa notare Ricciardi - laddove mancano i servizi aumenta la prescrizione inappropriata di farmaci, quindi la spesa, maggiore al Sud che al Nord». L’assistenza domiciliare, dunque, è uno dei cardini su cui puntare, anche a fronte di una popolazione che invecchia sempre più.
Cabina di regia
«Formazione dei professionisti, sostegno alle famiglie e umanizzazione delle cure sono la priorità per un welfare sostenibile - sostiene monsignor Andrea Manto, medico e responsabile della pastorale della famiglia a Roma – . Se mancano le cure a casa, aumentano le sofferenze e la solitudine dei pazienti e dei loro familiari che devono accollarsi l’intero carico di assistenza. Per questo, il nostro impegno è volto a sostenere lo sviluppo di un sistema sempre più capillare di assistenza a domicilio, in collaborazione con le istituzioni e con tutti gli attori coinvolti». Occorre, quindi, una maggiore integrazione tra assistenza domiciliare sanitaria e socio-assistenziale, perché una persona non autosufficiente ha bisogno di un supporto quotidiano, per esempio, per l’igiene personale, fare la spesa, cucinare. «Nel nostro Paese esiste un esercito di badanti, circa 830mila, la maggior parte con rapporti di lavoro irregolari e con una formazione non adeguata - afferma Giuseppe Milanese, presidente di FederazioneSanità-Confcooperative -. Occorre una cabina di regia per l’assistenza domiciliare, con regole certe di accreditamento degli enti erogatori che contribuiscono a fornire i servizi - tra i quali i cittadini devono poter scegliere - e, soprattutto va “misurata” la qualità degli esiti».
Fonte: Corriere della Sera