Raggiunta una certa età, la prospettiva per il futuro che ci si augura è quella di avere un “invecchiamento attivo”. Ma cosa significa? Per il mondo anglosassone è un obiettivo “win-win”, secondo il quale anziani e società vincono entrambi, ma solo quando lavorano insieme.
I primi non diventano totalmente dipendenti dai servizi assistenziali ed emarginati dalla società e, al contempo, lo stato risparmia risorse riducendo ricoveri, presidi medici e servizi di accudimento.
Ad esempio, la United Nations Economic Commission for Europe (Unece) ritiene l’invecchiamento attivo un parametro estremamente misurabile con l’Aai-Active aging index, composto da 22 indicatori che permettono di capire quanto un Paese debba fare per rendere i propri anziani co-protagonisti della vita sociale.
Per l’Italia sembra un obiettivo davvero lontano da raggiungere, dato che ad oggi occupa la diciassettesima posizione nella classificazione europea Aai. Infatti, prima del decollo della campagna vaccinale, periodo che ha verificato un tasso altissimo di letalità da Covid-19, la debolezza nell’invecchiamento attivo sembrava essere tra le cause principali che ha portato il nostro paese ad un livello molto basso (27 punti) e poco distante da Grecia, Ungheria e Bulgaria che hanno valori ancora più bassi.
I parametri per la misurazione dell’invecchiamento attivo
A marzo del 2021, l’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) ha misurato la percentuale di morti rispetto ai casi di positività da Covid-19 pari al 3,1%, livello molto più alto rispetto al 2,4% dell’area Eu27. Nel momento in cui l’età media dei deceduti in pandemia era di 81 anni, è fondamentale capire le caratteristiche peculiari dei soggetti anziani in Italia.
Sintetizzando la valutazione su indicatori raggruppati, come l’occupazione, la partecipazione alla vita sociale e la vita indipendente e sicura, si ottiene il valore “Aai” che è tanto più alto quanto maggiore è la positività delle situazioni di invecchiamento attivo.
In base a questo parametro, il nostro Paese raggiunge un punteggio Aai di 33.8, collocandosi al 17esimo posto nella graduatoria europea che mediamente ha un valore di 35.7. Al top della classifica, nonostante sembri di non essere così lontani, troviamo la Svezia con 47.2 punti, seguita dalla Danimarca e i Paesi Bassi con 43 e dal Regno Unito con 41.3. L’Inapp, inoltre, sottolinea come in Italia le dimensioni dell’invecchiamento attivo non si manifestano omogeneamente perché, ad esempio, nel dominio “vita indipendente sana e sicura”, c’è un differenziale di genere a svantaggio delle donne e una disparità geografica che premia il settentrione e penalizza il meridione.
L’istruzione sinonimo del divario
Ad accentuare il divario del livello di invecchiamento attivo c’è il livello di istruzione molto basso e, allo stesso tempo, il modesto reddito familiare. Lo conferma il presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda: “La pandemia ha messo in evidenza come un numero sempre maggiore di anziani si trovi in condizioni di vulnerabilità e fragilità. È necessario sviluppare un sistema di politiche di sostegno e prevenzione sul piano sanitario, diete salutari, esercizio fisico, mantenimento di attività cognitive, fruizione attiva del tempo libero, relazioni sociali ed affettive, transizioni verso l’abbandono degli impegni lavorativi”. Il problema principale rimane, però, che nel nostro paese non è ancora stato adottato un piano nazionale per le politiche di invecchiamento attivo, ma solo promozioni e prevenzioni molto saltuarie a livello regionale.
La proposta di legge per l’invecchiamento attivo
Da tempo, assegnata alla Commissione Affari Sociali, giace una proposta di legge (2620) “Misure per favorire l’invecchiamento attivo attraverso iniziative di utilità sociale e formazione permanente” che porterebbe a sostenere le università della terza età, promuovere protocolli tra enti locali, aziende sanitarie, organizzazioni di volontariato e associazioni per favorire corretti stili di vita e realizzare strumenti di socialità, anche attraverso la tecnologia. L’auspicio è quello che si arrivi finalmente ad agire in modo concreto per prevenire gli effetti di una società sempre più anziana.