Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa che oggi colpisce circa un milione di persone in tutta Europa. Riguarda principalmente le persone anziane, ma si può palesare anche in età giovanile, con alcuni casi negli under 40.
Si tratta di una patologia che negli ultimi anni è stata studiata da numerosi centri di ricerca e in tal senso il progresso scientifico ha fatto passi da gigante nella diagnosi e nelle terapie contro la malattia.
L’identikit della malattia
Come abbiamo detto il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, che porta quindi alla degenerazione irreversibile delle cellule celebrali. Questo avviene perché col tempo nel cervello si depositano alcuni agglomerati di forma tondeggiante, detti corpi di Lewy, provenienti direttamente dai neuroni.
Non è chiaro il motivo che porta allo sviluppo di questa malattia, ma la causa più accreditata sembra essere quella genetica. Oltre a questo, sono considerati altri fattori scatenanti, tra cui la presenza di traumi cranici ripetuti o l’esposizione prolungata a pesticidi o altre sostanze chimiche. In ogni caso non sembra però delinearsi un'origine chiara della malattia.
Le ultime terapie e cure contro la malattia
La prima arma di difesa contro il Parkinson sono sicuramente i farmaci e la riabilitazione. Sono entrambe soluzioni molto utili per limitare i danni, sia neurologici sia motori. Solitamente la terapia prevede la somministrazione di farmaci (come dopamino-agonisti, per ovviare alla carenza di dopamina appunto) in combinazione con una serie di attività svolte con un fisioterapista esperto nella riabilitazione di pazienti di questo tipo.
In casi più specifici e avanzati della malattia le cure prevedono la stimolazione celebrale profonda, ovvero un intervento neurochirurgico che mira ad inviare degli impulsi elettrici al cervello in grado di ridurre i sintomi motori e, di conseguenza, portare molti miglioramenti sull’instabilità posturale e tremori.
Le terapie mirano chiaramente a ridurre i sintomi e a rallentare il decorso della malattia, ma questo non è il solo obiettivo dei medici. Chiaramente la speranza maggiore per il prossimo futuro riguarda la cura del Parkinson, cioè riuscire a bloccare (o perlomeno rallentare di molto) la progressione della malattia. In questo senso la direzione più promettente è quella degli anticorpi monoclonali, farmaci mirati ad eliminare gli agglomerati di alfa-sinucleina.
Altra strada molto promettente per arrivare ad una cura è quella delle cellule staminali, ovvero cellule indifferenziate in grado di adattarsi su diversi organi o tessuti. Nel caso del Parkinson sarebbero impiegate per “rimpiazzare” i neuroni dopaminergici che si degradano durante la malattia.
Queste ed altre terapie innovative sono ancora in fase sperimentale e hanno ottenuto ottimi risultati negli animali molto simili biologicamente all’uomo, come topi e scimmie. Tuttavia, gli scienziati rimangono ancora cauti nell’applicazione umana, ma la strada intrapresa sembra essere quella giusta.