Un problema al femminile? Perché il declino cognitivo colpisce di più le donne

30 maggio 2018
Un problema al femminile? Perché il declino cognitivo colpisce di più le donne

Alzheimer è donna? Un recente studio italiano ha evidenziato una tendenza molto preoccupante per il genere femminile: a pari condizioni, gli uomini sono esposti a quasi la metà del rischio di contrarre la patologia.
Sicuramente, la più lunga aspettativa di vita incide fortemente su questa sproporzione. Ma anche genetica e basso grado di scolarizzazione avrebbero un ruolo importante nella questione, come spiega Vincenzo Di Lazzaro, Professore Ordinario e Direttore della Neurologia del Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma. Alzheimer che è donna non solo in termini di incidenza. Donna, infatti, è spesso e volentieri anche il caregiver, ossia la figura che assiste il malato e nel 60-70% dei casi in Italia è una “lei”, sobbarcandosi il peso di tutte le problematiche psicologiche e sociali del caso.

Ma nello specifico, a cosa ricondurre l’incidenza femminile della patologia? Nel mirino, la menopausa e le sue conseguenze fisiologiche. Infatti, pur facendo parte del normale percorso di invecchiamento, la menopausa comporta un naturale rallentamento delle funzioni cognitive, a causa della presenza di recettori per estrogeni e progesterone nell’ippocampo, area del cervello implicata nella funzionalità della memoria e nella conservazione di informazioni. Ecco quindi che il normale cambiamento dell’assetto ormonale della donna porta già di per sé importanti variazioni nella funzionalità cerebrale. Di fatto, le ricerche registrano l’incidenza di episodi anomali nel caso di 2 donne su 3 oltre i 50 anni, come ad esempio: difficoltà nel trovare le parole corrette all’interno di un discorso, dimenticare la ragione dell’ingresso in una stanza, dimenticare dove si abbia appena posato un oggetto, et cetera.

Dunque, perché non pensare alla terapia ormonale sostitutiva come a una risorsa contro il declino cognitivo? Già adottata per combattere vampate di calore e atrofia vulvo-vaginale, potrebbe rivelarsi utile anche nel contrastare i primi sintomi di compromissione cognitiva. Ma non secondo tutti gli studiosi, per cui la terapia rappresenterebbe già di per sé un nemico del cervello a causa, ad esempio, del maggior rischio di trombosi e conseguenti fenomeni ischemici, problematiche di maggior incidenza per il sesso femminile.

E le donne sono normalmente più interessate anche dalle patologie neurologiche, soprattutto autoimmuni (75% dei pazienti sono donne), come sclerosi multipla, miastenia gravis, encefalite autoimmune, poliradicolonevrite acuta e cronica, solo per citarne alcune. E proprio nel mirino degli studiosi, già da tempo, troviamo gli ormoni: se per gli uomini, gli androgeni avrebbero un effetto di controllo sul sistema immunitario, gli estrogeni favorirebbero proprio il manifestarsi delle patologie autoimmuni e lo sviluppo patogeno. Inoltre, recenti studi suggeriscono anche influenze di ordine genetico, legate nuovamente al sesso.

Cosa dovrebbe dunque fare il genere femminile per tutelarsi dal rischio demenza?

Partire dalla cura, certo, ma anche e soprattutto dalla prevenzione, che si fa ogni giorno, su più livelli.

Un approccio a più livelli che riguarda lo stile di vita nella sua totalità: hobby e lettura, sana alimentazione, controllo della pressione, niente fumo, sonno ben gestito e costante, moderata attività fisica e mantenimento attivo dei rapporti sociali.

E per le donne è ancora più importante “investire” le proprie energie nella prevenzione del declino cognitivo e affini, considerato l’alto prezzo da pagare, come la perdita dell’autonomia. Una condizione che, in molti casi, si protrae anche per molti anni, vista la sempre più lunga aspettativa di vita del genere femminile.

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